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Scuola pubblica e Costituzione Due valori sacri
Marco Rossi Doria 11/3/2011
Andiamo nelle piazze per difendere la Costituzione e la scuola pubblica.
Perché pensiamo che l’Italia, che noi tutti, non ne possiamo fare proprio a meno. E non ne possiamo fare a meno perché sono due cose che hanno la rara qualità di essere, ad un tempo, vitali e sacre.
Vitali perché consentono a un organismo complessissimo – quale è la società – di regolarsi e di continuare a vivere nel tempo, generazione dopo generazione.
Sacre perché contengono le qualità simboliche che permettono di tenere insieme una comunità fatta di milioni di persone diverse secondo un diritto che
è uguale. La nostra Carta sa mettere insieme, in modo chiaro, non solo i diritti
e i doveri ma «quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi» – come scriveva Piero Calamandrei.
In questi anni abbiamo vissuto e stiamo vivendo un tempo grave non perché
si è pensato o si pensi di cambiare questa o quella parte della Costituzione, cosa del tutto prevista dalla Carta stessa.
E normale col passare del tempo. Se fatta per concorde adesione. Il tempo grave che viviamo è dato dal fatto che si stanno continuamente attaccando proprio “quegli organi” – e il delicato equilibrio tra di essi – «attraverso i quali la politica si trasforma in diritto».
Questo non deve accadere. E siamo qui per impedirlo. Perciò: non si tratta di una battaglia di parte né di conservazione.
È una battaglia per tutti, anche per quelli che oggi non lo vogliono capire.
Ed è una battaglia che permette di continuare a cambiare. Perché c’è la certezza del come farlo, delle condizioni entro le quali le trasformazioni non diventano distruzioni, non minacciano la casa comune.
La nostra scuola ogni mattina mette insieme i mondi interiori di ogni bambino e ragazzo che sta crescendo con quello di ciascun altro e, al contempo, con l’universo mondo, le sue leggi, la sua storia, i suoi problemi e i molti alfabeti che servono a leggerlo.
È in questa doppia funzione – mettere insieme persone diverse e apprendere – che vi è vitalità e sacralità.
La scuola è chiamata ad assolvere a questo suo compito in modi nuovi.
E deve trasformarsi proprio perché sono mutate e stanno mutando sia le condizioni dello stare insieme tra diversi sia il mondo sia gli strumenti attraverso i quali lo si guarda e lo si può capire, salvaguardare e cambiare.
Il tempo grave che stiamo vivendo è dato dal fatto che si metta in discussione la scuola nel suo carattere pubblico e protetto – e, dunque, altro da casa – nel quale ci si confronta tra diversi ed uguali mentre si sta crescendo e si sta imparando a stare al mondo e a conoscerlo.
Anche per la scuola questa non è una battaglia di parte né di conservazione. È per tutti e per ciascuno. Ed è per consentire che la scuola, salvaguardata, possa cambiare.